Progetto Cineforum di Istituto – Proiezioni del 16 dicembre 2015
Malala fu vittima nel 2012 di un gravissimo attentato da parte di integralisti religiosi che vedevano di cattivo occhio il suo impegno, accanto al padre Ziauddin, per sostenere l’istruzione femminile in Pakistan. L’allora poco più che quindicenne ragazza, scappata miracolosamente all’agguato, fu nelle settimane successive investita da una solidarietà a livello globale, che le permise di diventare simbolo della lotta contro la violenza alle donne e promotrice in seguito del Fondo Malala, destinato alla scolarizzazione delle donne in difficoltà.
Il documentario, tratto dal libro Io sono Malala, ripercorre gli ultimi anni di vita pubblici della giovane donna, e del suo rapporto speciale con il padre. L’attenzione sulla famiglia Yousafzai è senza dubbio la parte migliore del film, ed è anche quella più coinvolgente, perché ci permette di osservare la realtà di un Paese dalle mille contraddizioni come il Pakistan, con gli occhi di una ragazzina che sogna di cambiare il mondo. E’ altrettanto sorprendente, una volta che Malala diventa suo malgrado celebre, vedere una giovane donna di 16 anni parlare di educazione con equilibrio e competenza alle autorità internazionali.
Malala è la storia di una ragazza alla quale il destino ha rubato l’infanzia, costringendola suo malgrado a diventare simbolo di una lotta contro l’intolleranza e l’integralismo religioso. Guggenheim, seppur in modo tecnicamente accademico, da un un lato realizza un documentario che è un tributo (dovuto) all’azione e al coraggio di Malala, ma è nel contempo una chiamata all’azione impenitente nei confronti di tutti, ricordandoci che i cambiamenti che Malala vorrebbe ancora non hanno portato a risultati concreti.
Malala
liberamente ispirato al romanzo “La Cena” di Herman Koch
Film
Come nei suoi due precedenti film, il territorio di esplorazione in cui si addentra De Matteo è la famiglia. E riesce a farlo in maniera lucida, chiara, donando allo spettatore un quadro chiaro ed esauriente del rapporto tra genitori e figli, sempre più spesso fatto di parole non dette e di sorrisi forzati. «Il tema ci appassiona – spiega il regista - la famiglia è il luogo dove tutto parte e ritorna, dove gli equilibri sono perennemente a rischio. In questo film la questione è tutta morale, ruota intorno all'interrogatorio: se capitasse a te cosa faresti?».
Ed è nell'epoca della digitalizzazione di tutto, anche degli affetti, che il problema si fa più ostico: «Da una parte – continua De Matteo - i genitori si interrogano sulle proprie responsabilità, fanno i conti con il senso di colpa. Dall'altro vedono i propri figli in una bolla di virtualizzazione del dolore e della violenza. Come se vivessero in un continuo videogioco, come se lo schermo assorbisse tutto, facesse da filtro con la realtà».
(fonte web)
Visualizzazioni: 1487 | |
Top news: No | Primo piano: No |